frammenti della recensione di Giuseppe Dierna
“Come nelle vecchie soffitte, la Cvetaeva nei suoi affascinanti taccuini – diario e romanzo a un tempo – c’infila di tutto: sogni, canzoncine infantili, lettere, lunghi brani di Alja, considerazioni sulla propria poesia («ogni mio verso è l’ultima cosa che so su me stessa»), parole terribili sulla morte per stenti della figlia più piccola, sulla crescente emarginazione, sull’angoscia di non sentirsi indispensabile.”
“Like an old attic, Tsvetaeva in her fascinating notebooks – diary and novel at the same time – puts in everything: dreams, childhood songs, letters, long passages of Alja, comments on her poetry (” all my verse is the ‘last thing I know about myself “), terrible words about the starvation of the youngest daughter, her growing marginalization, the anxiety to not feel indispensable.”
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